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product placement 1

“MESSAGGIO PROMOZIONALE” su grande schermo
Il decreto Urbani sul cinema liberalizza il product placement. Ora, io se ho un’azienda, posso legalmente acquistare dalla produzione del film la presenza dei miei prodotti nella pellicola. Così come le BMW in 007 o AOL in “C’è posta per te” e via dicendo.
Così l’Italia si adegua ai paesi anglosassoni. Ma per il cinema è un bene o un male? Più soldi, sì, ma per chi? Qui, alcune prime considerazioni di una regista (Cristina Comencini), un intellettuale (Ugo Gregoretti) e un creativo (Roberto Gorla).
Su Punto.com di oggi (solo cartaceo), un’intervista a Vincenzo Guggino (segretario generale dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria), che ribadisce come non cambi il criterio di riferimento della trasparenza dei messaggi pubblicitari. Quindi, par di capire, prodotti sì, ma non a tradimento. Si tratta di inventarsi qualcosa che avverta lo spettatore che si trova in presenza di un messaggio pubblicitario. Sì, perché io la sovraimpressione almeno al cinema proprio non la vorrei vedere, grazie.

Qui, un sito con parecchie case history di product placement.

Ps: Punto.com ci piace sempre di più e non solo per la leggerezza di Alessandra Lucarini e della sua “Rassegna stramba”. Peccato non abbia un sito.




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