[Amori #1] Il miglior tè della mia vita

Alle medie avevo iniziato a fare sci di fondo. 
Ero figlio di un prof. di ginnastica, coltivavo il gusto del sacrificio, schifavo gli sport fighetti e preferivo faticare. Per intenderci, tra Dorando Pietri e Panatta non avevo dubbi. Ero Dorando. Ma andavo molto più piano.
Mi iscrissi con la scuola al campionato provinciale di sci da fondo. Ero l’unico della mia città nella mia categoria. Ci portarono sulla pista e ci fecero fare un giro di ricognizione dell’anello. Al termine del giro, ero esausto. La gara, l’ultima del pomeriggio, non era ancora iniziata. Quando mi dissero che la gara era prevista su tre giri di quello stesso anello, mi crollarono le ginocchia. Gli altri ragazzi erano tutti grossi e soprattutto veloci. Anche in salita.

Via, partiti. Alla prima curva sono già indietro. Alla prima discesa cado. Alla fine del primo giro iniziano a doppiarmi. Tengo duro. Penso a Dorando. Che alla fine ha conosciuto la regina e ha ricevuto i suoi complimenti. A metà del secondo giro vengo doppiato per l’ultima volta. Passo sul traguardo e il giudice si scorda di suonare la campanella dell’ultimo giro. 
Inizia a scendere la sera. Il terzo giro è roba tra me e la natura. Non c’è anima viva. Arranco, cado, mi rialzo. Se mi fermo qui non mi troveranno più? O mi verranno a cercare?
Arrivo infine in vista del traguardo. La luce è già poca. Qualcuno mi incita. Gli altri sono già tutti sul pullman. Appena supero la linea i giudici iniziano a smontare tutto, con una certa fretta.

Poi arriva lei. Occhi azzurri e i ricci biondi che sfuggono alla cuffia. Mi viene incontro. Ha in mano un bicchiere di plastica con del thé caldo al limone. La bevanda più buona e ristoratrice della mia vita. 
Naturalmente io mi innamoro di lei all’istante. Io sono Dorando e lei è la mia Regina d’Inghilterra. 
Il nostro dialogo sulla neve all’imbrunire è scritto nella mia memoria come fosse inciso nella pietra. 

– Ne vuoi ancora?
– Sì, grazie. Tu sei Marta, vero?
– Sì, so che conosci mia sorella grande.
– Posso averne ancora? Come sono arrivato?
– Eh, settimo.
– Ah, pensavo peggio. Su quanti?
– Su sette.

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