Il bello della birra nell’orto (se sei una lumaca però non leggere)

 

Spaghetti zucca e uvetta di Lisa Casali

Ho scoperto Lisa Casali di Ecocucina nel mio primo periodo verdeggiante, grazie a Kika di VitaimpattoUNO e Ci_Polla. Ispirato da Lisa, una volta ho provato a cucinare in lavastoviglie. Poi un’altra volta ho fatto la mia disastrosa granulosa di carciofo che doveva essere la sua vellutata di carciofo.

Però sono passati già un paio d’anni e posso affermare che questa di oggi è la ricetta di Lisa che mi è venuta meglio. Sta nel libro Birra & Orto, che ho ricevuto da Assobirra all’interno della campagna #birrasceltanaturale, che contiene diversi menu completi, tutti vegetariani e poco spreconi associati alla naturalità della birra, oh yes.
Aproposito, il trend degli orti personali sta crescendo, bene. Lo sapete che non vi serve neppure un balcone? Basta un davanzale e un paio di vasi.
Appena mi hanno parlato di birra & orto, ho celebrato l’incontro al tramonto, sul balcone. Una cosa molto romantica, Io e la birra ci baciavamo all’ombra di due rapanelli. Sotto di noi scorreva il traffico della vigentina e dentro casa, a metri due dalle mie orecchie placide nell’orto, le creature si sbranavano per il possesso del telecomando. Poi ho scoperto che la birra nell’orto, se non la bevi, la puoi destinare ad altro. Gli avanzi di birra sgasata per esempio sono un buon concime.
Sarà ma io francamente preferisco berla. Come le lumache. Sì, anche loro hanno questa passione per la birra. E nell’orto la birra per loro diventa una trappola. Tutti i libri di giardinaggio “fai da te” lo dicono: contro le lumache nell’orto basta una ciotola di birra. La natura farà il suo corso in modo assolutamente biologico. Annegare in una ciotola di birra può essere una morte deliziosa? Beh, se nel resto della tua esistenza sei semplicemente una lumaca, può essere un finale invidiabile no?

Finita la mia birretta e le meditazioni sulle lumache, torno in cucina a preparare la ricetta. Ne ho scelta una semplice, spaghetti con zucca uvetta e pangrattato. In casa hanno apprezzato quasi tutti, quasi. “Io no, perché c0è la zucca”, “io no, perché c’è l’uvetta”. “Io sì ma l’hai fatta sciapa, come al solito”.
Quasi tutti.
Io ho apprezzato molto, ho fatto il bis e me la sono pure schisciettata il giorno seguente, tié.

(Poi oggi vado a scoprire Orticola e vi racconto il resto…) 

Viola, il suo primo concerto (e un violino chiamato “Crosta”)

Dindo e i Solisti di Pavia

Poi un giorno vi racconterò di come Viola per caso iniziò a suonare il violino. E di come nulla accade davvero per caso. E di come ha battezzato il suo primo violino “Crosta”, gentilmente ricusando il mio suggerimento (Penelope).
L’altra sera, complice la sua adorata maestra, l’abbiamo portata al suo primo vero concerto di classica: un’occasione troppo ghiotta. Fior di orchestra (Enrico Dindo e i Solisti di Pavia), un programma abbordabilissimo  (Mozart, Bach figlio e Grieg, passando per un contemporaneo russo, tale Kapustin: tutto il programma della serata è in questa playlist di Spotify), la vicinanza a casa, e ultimo fattore gradito la gratuità dell’evento.
Così ho strappato a moglie il primo permesso serale di uscita per motivi culturali e ci siamo infilati. Read More

Una mamma IMperfetta, la miglior webserie del 2009

Una mamma imperfetta cast

Oggi alle 13 su Corriere.it la prima puntata di “Una mamma imperfetta”, webserie scritta e diretta da Ivan Cotroneo e prodotta da Corriere, RaiFiction e Indigo. Sono 25 puntate di 8 minuti l’una, una al giorno, ora sul web e poi in autunno su Rai2. Ne scrivo perché ero curioso e sono andato all’anteprima (ecco lo Storify)mescolato a un buon gruppo di mamme blogger. Tutte piuttosto diffidenti. Lo sapete come sono i blogger no? Rompipalle pronti a cercare qualsiasi appiglio per criticare la qualunque. Lo sapete come sono le mamme no? Ecco appunto. Fate la sommatoria e immaginatevi le mamme blogger. Compreso/a me, intendiamoci. Quindi niente eravamo tutti un po’ sul chi va là, per tema che questa webserie potesse essere una sòla, infarcita di buonismo e luoghi comuni e lontana dalla realtà. E poi, è vero che non c’è il copyright sul nome ma per tutti noi che frequentiamo l’internet, in questi anni una mamma imperfetta titolare già c’è, ecco. Tornando alla web serie, è stata invece una bella sorpresa. C’è ritmo, ottima scrittura, diversi piani narrativi. Ci sono luoghi comuni ovviamente, ma raccontati con freschezza. C’è un bel cast e questo regista-scrittore-sceneggiatore (da Tutti pazzi per amore a La Kriptonite nella borsa), che sto imparando a conoscere. Quindi io a “Una mamma imperfetta” ci metto un bel voto. L’unica cosa che io ho trovato strana è che nella webserie ambientata oggidì, queste mamme trentenni di oggi – ben diversamente dalla realtà – non facciano uso (o abuso) di Facebook e Twitter. Sarebbe stato un casino in un formato così breve aggiungere un ulteriore piano narrativo, poi così incasinato come la vita sui social? Secondo me sì, assolutamente sì. Resta il fatto che a vedere delle mamme che si incontrano al bar tutte le mattine per il cappuccio e due chiacchiere, ti vien quasi da pensare provocatoriamente: ma non potete fare come tutti e vedervi su Facebook? Per questo su Twitter ho scritto che senza i social network, “Una mamma imperfetta” è la miglior web serie del 2009.

#Leggendogiocando: perché le storie sono dappertutto

Pendolando su Milano dal lunedì al venerdì, diciamo che non muoio dalla voglia di andarci anche il sabato. Però talvolta faccio un’eccezione. Anche perché prendere prima il treno e poi il “trenopolitano” con Viola è sempre una scoperta. Eravamo invitati da Mondadori e Donna Moderna Bambino a un evento sul tema della lettura al tempo dei videogiochi. Il tempo di mostrare a Viola la Madunina lassù, ma lei rincorreva i piccioni quaggiù, e l’ho subito affidata alle animatrici. Si è messa a disegnare e dopo un paio d’ore (e una sola pipì) non aveva ancora finito. Attorno a lei, bimbi più grandini si sfidavano a Skylander. Nell’altra stanza i grandi (più una 12enne) chiacchieravano di lettura digitale, libri, storie , videogiochi.

Noi non siamo una famiglia molto digitale in effetti. La figliola grande usa il Nintendo e si fa lunghe sessioni di Just Dance con le amiche. Ma a parte questo abbiamo molti più libri che pc o lettori. Ok confesso, ho un Kindle da 2 anni e ci ho letto un libro solo.
Quindi in realtà ero molto curioso di capire quel che mi aspetterà, perché comunque ‘ste creature saranno presto assai più digitali di noi genitori.

Abbiamo discusso dell’importanza fisica dei libri dentro una casa. Ho chiuso gli occhi e mi sono immaginato la nostra casa senza libri. Tutto stipato dentro a 4 reader su una piccola mensola. Certo, senza le librerie… avremmo un sacco di pareti libere su cui dipingere, ma a parte questo mi fa un po’ tristezza. Potremmo dipingere sulle pareti bianche nuove librerie colorate e scaffali colmi di libri…
È naturale invece che impareremo a convivere con il digitale, mantenendoci fortemente ancorati alla pagina scritta. E alle storie naturalmente, quelle sì, quelle le ritroviamo in tutto: da un film a un cartone, da un oggetto a una vecchia foto, anche i videogiochi ce l’hanno e io confesso che sono molto curioso. Di Skylander non ho saputo molto in realtà, ma quando Viola è arrivata a casa col suo personaggio, Alice ha avuto da ridire perché “quello serve per giocare, non è un pupazzetto qualunque! È sprecato in mano a Viola! Regaliamolo al fratello della mia amica che ha il gioco Skylander!” Dato che i toni lievitavano ho dovuto salomonicamente intervenire con il machete per dividere il mostricciattolo di Sylander e poi scioglierlo nell’acido.
Cose che capitano.

Tornando al nostro incontro, ho visto una dodicenne saggia e spigliata quanto una ragazza grande. Ma Blanca era talmente naturale che la cosa non mi ha neppure spaventato.

Poi ho chiacchierato di potterite come spesso faccio quando incontro chi per lavoro si occupa di selezionare e lanciare libri per ragazzi. La potterite è cosa seria sapete?

Poi al ritorno in treno siamo passati davanti alla Cascina Repentita, dove si narra nacque la zuppa alla pavese. La sapete la storia di Francesco I alla battaglia di Pavia? Ecco, io ci passo in treno due volte al giorno dal lunedi al venerdì, davanti a quella cascina e davanti a quella storia.
E a Viola non l’avevo ancora raccontata.
E il merito stavolta è degli Skylander.

Twitter: fiabe in 140 caratteri #hca13

È andata così. Non ricordo come ho saputo di Tweet da favola. Si trattava di scrivere fiabe in 140 caratteri, taggate #hca13. Mi ci ficco, ovviamente.
È collegato al Premio Andersen, quello vero. Ho una storia anche per quello ma non so, scade domani deciderò stanotte.
Torniamo alle favole brevi, anzi brevissime. Ne ho scritte una manciata, postate su Twitter e Facebook e poi stop. Non ci ho pensato più.

Passano i giorni e una sera tardi, in treno, una sera che non ero sobrio perché due amici mi avevano portato a un finto aperitivo dove non avevano fatto altro che flirtare tra loro lasciandomi il ruolo di brillante voyeur interattivo, ecco quella sera lì in treno tra Rogoredo e Pavia ne ho scritte una ventina. E mi piacevano tutte.
Il giorno dopo mi appresto a caricare Twitter per postarle nei giorni successivi e do giusto un’occhiata alla scadenza del concorso. Scaduto da 5 giorni.

Ok, vi pare che mo le butto via? Mia figlia mi ha accusato del fatto sono tutte tristi. Però sghignazzava. E sulle più strambe faceva quella faccia che a me piace un sacco e che dice: “Cacchio, È stramba forte!” A me e a qualcuno di voi che le ha viste scorrere sui social, sono piaciute. E allora faccio una cosa che ha dell’inaudito: le raccolgo tutte in un post di questo coso qui che si chiama blog. E che trascuro sempre di più, mentre invece forse proprio non dovrei.

I numeri sono per voi. Se per caso nei commenti mi volete dire quali vi piacciono di più. Buona lettura.

1. “C’era una volta – disse il lupo – proprio qui, sopra di noi.” La pecora alzò la testa: “Dove?” Il lupo l’azzannò alla gola

2. Il Principe Azzurro si guardò allo specchio e si vide sbiadito. “Possibile che non riuscite mai ad azzeccare un lavaggio?” 

 
3. Il Principe Azzurro si guardò allo specchio e si vide sbiadito. Il giorno dopo fece impiccare tre lavandaie
 
4. Il Principe Azzurro si guardò allo specchio e si vide sbiadito. Buttò la lavatrice, richiamò l’anziana lavandaia. E la sposò 
 
5. C’era una volta un lupo di pelo rosso. Portava il cibo a nonna lupa. Una bambina lo ingannò. E un cacciatore lo uccise.

6. “Specchio specchio che sei di rame perché non rifletti le mie trame?” “Mia regina smettete di bere. E di parlare con le pentole” 

7. C’era una volta un re diranno i miei piccoli follower. Ma era un semplice pezzo di legno da catasta. E mi defollowarono in massa.

8. La Bella Addormentata era racchia forte e aveva l’alitosi. Il Principe sostava indeciso. L’autore fu irremovibile: “Baciala, subito!” 

 9. Sette coroncine e sangue dappertutto. “Orco io?” si malediva dubbioso il padre delle vittime. Indaga il RIS di Parma.

10. La Bella Addormentata era già sveglia: “È questa l’ora di arrivare?” “Cominciamo bene” pensò il Principe. E la bacio, di malavoglia. 

11. La Bella Addormentata si svegliò al trillo del suo orologio biologico. Nessun Principe nei paraggi. Lesta si prese un cacciatore 

12. “Specchio specchio delle mie brame, cos’è questo tanfo di letame?” “Mia regina, in giardino badate a dove posate il piede” 

13. Si gelava. Fecero a pezzi il burattino e lo bruciarono. La morte li colse abbracciati. Capelli turchini sul viso di Geppetto

14. Hansel morse il davanzale e si spezzò due incisivi. Il torrone di Cremona non perdona. Una vecchia aprì l’uscio vestita da dentista 

15. C’era una volta un pezzo di legno da catasta che voleva fare il burattino. Al casting, ne scelsero un altro: e lui morì bruciato 

16. Un dì caddero i libri e le storie si mescolarono: Geppetto sposò Biancaneve, Gretel scappò con Pollicino, Hansel con un cacciatore 

17. C’era una volta una nonna segretamente innamorata di un cacciatore. Ordì un intrigo con lupo e nipotina e al fin lo sposò il suo cacciatore 

18. E tutti vissero felici e contenti. Ma prima si sposarono, ruppero incantesimi, lottarono, partirono e infine c’erano una volta

19. C’era una volta un principe che baciava le rane. Dopo 1000 baci vani l’incantesimo riuscì. Ora sguazza verde e lieto in uno stagno

20. Prezzemolina fu raccolta dai Cavalieri della Tavola Calda e portata in dono a Re Ragù. Ben si intonava con ogni pietanza  

21. Specchio specchio delle mie trame, qual è la fiaba più bella del reame? La prossima, se ti decidi a scriverla, pigrone! 

 

 

Io ti vedo

Senti, è inutile che fai il furbo: io ti vedo. 

È un po’ che volevo dirtelo e ho scelto di farlo oggi. No, alt, non sto parlando di voci, sogni o ricordi, quelli è normale: quelli li hanno tutti. Io dico che proprio io – a te – ti ho visto. Quindi dai retta a me: se non vuoi farti beccare, devi nasconderti o mascherarti meglio. 

Per dire: ti ho beccato una volta al supermercato, qualche volta in metro e una in bicicletta. Funziona sempre così: mi entri nel campo visivo laterale, solo per un attimo. E in quell’attimo mi colpisce un particolare. Una volta il cappello, l’altra il baffo grigio, l’andatura veloce con le mani in tasca. Ma quando mi rigiro per mettere a fuoco, tu sei già diventato altro: hai già cambiato cappello, scurito il baffo, insomma ti sei nascosto di nuovo. Allora di solito fisso il tipo che prima eri tu, ma non accade nulla. Se non a volte che il tipo si acciglia e si chiede perché lo fisso in quel modo.

Mi pare di aver capito quindi che voi potete tornare un po’ qui, ma con cautela, senza farvi cogliere in flagrante. Ora che ci penso, in effetti, io in questi 10 anni esatti ti ho visto sì, ma solo una manciata di volte. Magari in altre occasioni ti è andata bene.
Comunque insomma, non pensare di averla sempre fatta franca.
Che io ti vedo.

Liberiamo una ricetta: tortel da patate della Val di Non


Quando ho scoperto Liberiamo una ricetta ho subito pensato che fosse un ottimo pretesto per riunire ai fornelli tre generazioni. Ho preso le bimbe e le ho portate dalla nonna. “Aiutiamo Nonna Nena a fare i tortel da patate alla  maniera nonesa! Come li faceva sua mamma, e prima di lei i suoi avi austroungarici”.
Ho dovuto rispondere a una sequela di domande che con la cucina non c’entravano: Come si chiamava la nonna della nonna? Cosa vuol dire strungarichi? Posso portare il Nintendo?

Ma poi l’impresa è riuscita.
Alice ha trascritto la ricetta (casualmente su un foglio di carta quadrettato e ingiallito che pare già di suo una pagina di antico gastrodiario). Viola ha grattugiato mezza patata. Io l’altra metà. Nonna Nena ha fatto tutto il resto. Ah, io ho fatto anche delle foto.
Perché mi guardate male? Non ho fatto quasi nulla dite? Ehi ma io non sono un foodblogger!. Le foto sono pessime? Ehi ma io non sono un fotografo!  

Ecco quindi la ricetta dei Tortelli di patate della Val di Non, che tradizionalmente si accompagnano a un’insalata di cavolo cappuccio.

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Giorno della Memoria: l’horror e l’Orrore

Diario di Anna Frank, film

“No, papà, il Diario di Anna Frank non lo voglio guardare, perché poi forse ho gli incubi e non dormo”.

Così parlò Alice, quasi 11, rispondendo alla mia proposta di guardare il film, per il Giorno della Memoria. La storia di Anna, Alice la conosce. La conosce perché gliel’ho raccontata io, perché ha un paio di libri  sul tema (non il Diario, non ancora, questo invece sì). La conosce perché io ho visitato a 17 anni diversi luoghi dell’Olocausto e sono cose che non si cancellano più. Ed è giusto così.

Chi mi conosce sa che non forzerei mai mia figlia a fare qualcosa di inadatto o di troppo precoce. Semplicemente pensavo che fosse pronta. Il fatto è che Alice – vedete – non ha paura di nulla. Affetta da una grave forma di potterite (ha già sconfitto Voldemort innumerevoli volte), fan assoluta di Tim Burton, ma anche delle storie (anche) “per grandi” di Dahl, appassionata di gotico e horror, già svezzata ai primi antichi Dylan Dog, cresciuta causticamente giallo-Simpson, Alice sguazza di gioia persino di fronte a pellicole più adulte e splatter tipo “L’alba dei morti dementi”. Per cui pensavo che l’innocuo bianco e nero di un film del 1959 (in cui per altro il lager non c’è) l’avrebbe turbata minimamente. E invece no. Perché un conto è l’horror e un conto è l’Orrore. Quello vero.

Quindi, per questo Giorno della Memoria, noi guarderemo “Train de vie”.

Scrittura partecipativa: 20lin.es e le due storie del re

2olines logo

A me 20lin.es è piaciuto subito (me l’ha segnalato la mia nuova dirimpettaia Manu).
Poi, pigro e dispersivo (zio dei miei stessi oziosi vizi), non ho contribuito quanto avrei voluto. Non ancora forse.
Però è divertente e stimolante l’idea della scrittura collettiva, partecipativa o del social publishing (qui un’intervista al team del progetto).
Come funziona?  Semplice. Tu inizi una storia – massimo 20 righe – qualcun altro va avanti e poi altri ancora procedono. E il bello è vedere dove si va a finire. Ansia da pagina bianca? L’incipit non fa per te? No problem: fai quello che  prosegue uno degli incipit altrui. Read More

“1000 dischi per un secolo”, il libro miniera di Enrico Merlin

Merlin 1000 dischi per un secolo

Che ci volete fare, ognuno ha le sue perversioni. Io, per esempio, quando leggo un libro, per prima leggo la quarta di copertina e poi salto subito ai ringraziamenti. Difficilmente quelli ti rivelano chi è l’assassino. Ti dicono invece molto su chi è l’autore: da come scrive, da quante persone nomina, da come le racconta, si riesce a vedere il suo lavoro, il suo scrivere.
Quando ho preso tra le mani il nuovo libro di Enrico Merlin – “1000 dischi per un secolo” – e ho sentito che pesava 2 kg e ho visto che in quarta c’erano i virgolettati di Paolo Fresu, Mark Harris e Uri Caine (tra gli altri), mi sono subito accorto che questo libro per me sarebbe stato un viaggio, un’esplorazione, una miniera. Pensateci un momento: 1000 dischi. Ascoltati, vissuti, studiati e raccontati. Pensate a chi ha deciso di raccogliere e scrivere quelle 1000 piccole grandi storie: di sceglierle incasellandole lungo i decenni del XX secolo. Un lavoro affascinante, una sfida paziente, dalla miniera alla vetrina della gioielleria: scavare, trovare, scegliere, lucidare, esporre. E così tra le tante persone citate nei ringraziamenti – accanto a musicisti illustri, storici della musica e didatti – a me piace pensare a Chiara, “che ha condiviso con me 15 anni di lavoro, gioie e pensieri” all’Elettrocommerciale, “storico negozio di dischi e punto di incontro culturale trentino”. E mi piace pensare che questo libro per Enrico Merlin sia iniziato proprio lì: curiosando, catalogando, scegliendo, consigliando, ascoltando sia i dischi che i clienti. Read More